Quante volte vi sarà capitato di
arrabbiarvi con qualcuno in maniera spropositata o di riversare su chi non c’entrava
niente la vostra aggressività, o magari di avere una paura esagerata di una
situazione oppure bere più del dovuto per dimenticare una vissuto troppo
doloroso o fumarsi una sigaretta dopo l’altra per smaltire lo stress! Questi
sono tutti esempi di una cattiva gestione delle emozioni. Sappiate però che alla
base del benessere psicofisico c’è un equilibrio emozionale. Riuscire a
riconoscere le emozioni e imparare a gestirle fa la differenza tra una vita
piena di tensioni e una ricca, degna di essere vissuta. Le emozioni non sono volontarie e di conseguenza non
possiamo ne crearle ne eliminarle, ma possiamo gestirle attraverso il nostro
comportamento che, a differenza delle emozioni, può essere controllato. Quando le
gestiamo in maniera equilibrata sono fonte di salute e vita, quando invece vengono
a lungo bloccate o espresse in maniera spropositata possono essere distruttive.
Dobbiamo sviluppare la nostra
INTELLIGENZA EMOTIVA ovvero l’abilità
di essere consapevoli dei propri sentimenti e di saperli esprimere senza farsi
prendere la mano e che ci consente di comprendere i nostri bisogni profondi e
di soddisfarli.
La
prima abilità dell’intelligenza emotiva è la consapevolezza emotiva che implica
la capacità di riconoscere come ci sentiamo, di dare il giusto nome alle
emozioni. A volte usiamo termini che non sempre sono appropriati per definire
le nostre emozioni. Questo è significativo innanzitutto di quanto la persona
non si sia occupata per lungo tempo della propria vita emotiva, e poi di quanto
sia difficile spiegare esaustivamente con termini corretti quello che si prova.
Senza la capacità di riconoscere come ci sentiamo, di accettare quello che
proviamo, e di comprendere i motivi per cui proviamo certe emozioni, non
possiamo gestire le nostre emozioni. La consapevolezza emotiva richiede la
capacità di accettare ciò che proviamo. L’accettazione è, appunto, la capacità
di accettare che a volte fanno parte di noi emozioni che non ci piace
riconoscere come appartenenti alla nostra persona. Pensiamo all’invidia: Chi
di voi ammetterebbe di aver provato l’invidia? Non è possibile non provare emozioni e non è
neanche utile scacciarne alcune dalla nostra vita cosciente perché non solo
proviamo sia emozioni positive che negative, ma tutte queste emozioni, comprese
quelle di natura sgradevole, sono utili e servono all’uomo. Pensiamo all’invidia:
a cosa serve? Nelle sue modalità più genuine, quando non invade eccessivamente
la nostra vita, l’invidia serve all’uomo perché attraverso tale emozione
cerchiamo di assomigliare a quella persona che ha raggiunto degli obiettivi che
giudichiamo come desiderabili per noi. Dunque l’invidia spinge al miglioramento.
E la rabbia a cosa serve? Ci permette di manifestare i nostri diritti, di farci
rispettare, di difenderci dalle offese che riceviamo. Anche la paura è importantissima perchè ci
preserva dai pericoli.
Talvolta,
però, le persone preferiscono credere di avere un disturbo fisico (mal di testa,
gastrite) piuttosto che ammettere che c’è qualcosa che non va nella loro vita poiché
ammettere che c’è qualcosa che non va nella loro vita significa cominciare a
doversene fare carico. Da qui anche la grande difficoltà di accettazione.
Dopo
l’accettazione c’è la comprensione: c’è una certa difficoltà a
comprendere i fattori che si legano a un disagio. Come vi accorgete che
qualcosa si sta muovendo in voi? Quando proviamo un’emozione il nostro corpo si
attiva, si accende. L’emozione è un’esperienza complessa fatta di tantissime
componenti: la prima è quella psicofisiologica. In ogni tipo di
emozione c’è una partecipazione del
corpo attraverso il sistema nervoso centrale, quello periferico e infine
il sistema endocrino. Mente e corpo sono reciprocamente intrecciati, per questo
il benessere mentale è fondamentale per quello corporeo. Ad un pensiero
positivo corrisponde un’emozione dello stesso tipo che a sua volta provoca uno
stato d’animo positivo e di conseguenza le cellule, gli organi e il sistema di
difesa corporea ne sono influenzati. Lo stesso meccanismo avviene quando i
pensieri e le emozioni sono negative: stress, tensioni, malessere psicologico
provocano un indebolimento progressivo del sistema di difesa, esponendo
l’organismo a malattie.
In
generale ci sono alcuni indici corporei che si attivano: la frequenza cardiaca,
la respirazione, la temperatura periferica, la motilità gastro-intestinale, che
può rallentare o addirittura diventare più veloce.
Ognuno
di noi ha una zona più vulnerabile del corpo con la quale esprime maggiormente
le emozioni, qualcuno attraverso la temperatura, altri attraverso la
muscolatura, oppure attraverso sindromi dolorose come la cefalea o alcuni
disturbi gastrointestinali tra i quali colite e gastrite che hanno una
componente psicologica elevatissima.
Se non
diamo la possibilità alle nostre emozioni di accedere alla nostra coscienza
consapevolmente, in qualche modo esse trovano una via di scarico secondaria e
molte volte la trovano nel corpo.
Quando
il corpo ci manda dei segnali non sono mai erronei, è una macchina talmente
perfetta che i segnali che ci invia devono essere presi in considerazione
perché hanno sempre un significato preciso.
Le
modificazioni fisiologiche hanno un senso e un’importanza fondamentale ma,
quand’è che non servono più all’uomo? Quando sono esagerate, in tal caso
diventano disfunzionali.
Oltre
alla componente psicofisiologica c’è anche quella cognitiva. Quando
proviamo un’emozione non solo il nostro corpo si accende, ma produciamo anche
pensieri che in alcuni casi hanno l’effetto di influenzare positivamente o
molto negativamente ciò che stiamo provando.
Ci sono
alcune teorie che danno un primato assoluto al ruolo giocato dai pensieri nelle
emozioni. Il tipo di emozione provata non dipende dall’evento vissuto ma dalla
rappresentazione interna che ciascuno di noi crea nella propria mente di
quell’evento, ecco perché la reazione all’evento è soggettiva.
Se il
corpo non inganna mai, la mente si. Le spiegazioni che ci diamo di ciò che ci
accade non è mai una reale, ma è piuttosto la nostra spiegazione
dell’esperienza, soggettiva ed arbitraria. Il nostro modo di pensare è appreso
nel corso della vita, della nostra storia personale. Ognuno di noi porta dentro
di se un insieme di schemi cognitivi, di idee, di convinzioni che ha costruito,
radicato e consolidato nel corso del tempo e molti di questi schemi cognitivi
influiscono tantissimo sul tipo di emozioni che proviamo.
2) CONTROLLO DELLE EMOZIONI
2) CONTROLLO DELLE EMOZIONI
Dopo aver
imparato a riconoscere le nostre emozioni possiamo cercare di controllarle. Quando
un’emozione ci assale prima o poi bisognerà farci i conti, non possiamo far
finta di niente. Quando l’emozione è piacevole non ci facciamo molti problemi a
lasciarsi trasportare anche se durerà poco, perché le emozioni sono intense ma,
se vissute, si dissolvono rapidamente. Ci sono invece emozioni che se ignorate
e represse o, al contrario, espresse senza freno, possono fare male, a se
stessi e agli altri. L’emozione che in genere è più difficile controllare è
sicuramente la rabbia. La rabbia, la paura, l'ansia richiedono un metodo che
permetta di far fronte al loro insorgere. Il metodo parte dal presupposto che
un'emozione va scaricata, sempre e comunque, ma i modi di scaricarla sono
tre: diretto, indiretto e sublimato.
L’irritazione scaricata direttamente si traduce in un attacco, fisico o verbale, nei confronti di chi ha causato l'irritazione; se, invece, la scarica è indiretta, l'aggressione sarà rivolta verso terzi, come quando un lavoratore frustrato urla a casa con i figli. La sublimazione è la trasformazione dell'emozione in "forza lavoro" che può essere scaricata in tantissimi modi diversi: correndo, urlando, prendendo a pugni un cuscino, camminando all'aria aperta, parlando con un amico, ballando e così via.
L’irritazione scaricata direttamente si traduce in un attacco, fisico o verbale, nei confronti di chi ha causato l'irritazione; se, invece, la scarica è indiretta, l'aggressione sarà rivolta verso terzi, come quando un lavoratore frustrato urla a casa con i figli. La sublimazione è la trasformazione dell'emozione in "forza lavoro" che può essere scaricata in tantissimi modi diversi: correndo, urlando, prendendo a pugni un cuscino, camminando all'aria aperta, parlando con un amico, ballando e così via.
Imparare
a costruire un buon rapporto con le proprie emozioni, cioè dare loro dignità
di esistenza e modalità di espressione, ci eviterà i danni dei due
possibili estremi, da una parte la repressione, e dall'altra l'espressione
incontrollata!
Possiamo
trasformare emozioni spiacevoli in emozioni piacevoli dopo averle riconosciute.
E’ fondamentale scegliere il momento giusto, mai quando l'emozione è forte.
Dobbiamo innanzitutto riconoscere che la sensazione che stiamo provando è
un'emozione e non altro, ad es. stanchezza, poi dargli un nome, ad es.
"rabbia". Cerchiamo di capire in quale parte del corpo la sentiamo. Facciamo
diminuire l'intensità dell'emozione facendo passare del tempo: raccontando a
qualcuno come stiamo, cantando, scrivendo, disegnando, facendo una corsa… Solo quando
l'emozione che proviamo è meno intensa e si avvicina alla tranquillità, possiamo
farla diventare piacevole.
3)EMPATIA
L’empatia è la terza abilità importantissima a livello interpersonale dell’intelligenza emotiva. Per poter educare alle emozioni non possiamo essere privi di empatia, cioè privi della capacità di riconoscere come l’altro si sente. Ma per poter essere empatici dobbiamo prima essere consapevoli della nostra vita emotiva. Come faccio ad entrare in sintonia con il mondo emotivo di una persona se non so fare questa cosa con le mie emozioni? Così come per consapevolezza emotiva intendiamo la capacità di dare il giusto nome alle nostre emozioni, l’empatia è la capacità di dare il giusto nome alle emozioni dell’altro.
3)EMPATIA
L’empatia è la terza abilità importantissima a livello interpersonale dell’intelligenza emotiva. Per poter educare alle emozioni non possiamo essere privi di empatia, cioè privi della capacità di riconoscere come l’altro si sente. Ma per poter essere empatici dobbiamo prima essere consapevoli della nostra vita emotiva. Come faccio ad entrare in sintonia con il mondo emotivo di una persona se non so fare questa cosa con le mie emozioni? Così come per consapevolezza emotiva intendiamo la capacità di dare il giusto nome alle nostre emozioni, l’empatia è la capacità di dare il giusto nome alle emozioni dell’altro.
Il
rapporto di ognuno di noi con le sue emozioni finisce con lo svilupparsi
casualmente, prendendo esempio dalle persone più vicine, o da risposte
automatiche agli eventi. L’intelligenza emotiva è appresa e come tale può
essere educata, migliorata in qualsiasi momento della nostra vita, a qualsiasi età
e soprattutto va insegnata! E’ ovvio che
se non possiamo farlo con la nostra vita emotiva, non possiamo pensare di
educare dal punto di vista emotivo un’altra persona.
Dott.ssa Rita Manzo
Dott.ssa Rita Manzo
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la psicologia e una materia molto interessante .
RispondiEliminanel mio caso mi serve per comprendere meglio gli altri e migliorare me stesso
bel post
ps: il sito lo hai fatto tu ? solo curiosita