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sabato 13 ottobre 2012

IL LUTTO PERINATALE: Perdere un figlio vicino alla nascita

Il lutto perinatale è per i genitori un’esperienza di intenso dolore e sofferenza per la perdita di un figlio atteso e perso durante la gravidanza o al momento del parto o nel periodo immediatamente vicino alla nascita. E’ un evento che, soprattutto nei primi tempi, lascia nella coppia un senso di vuoto e un dolore profondo che sembra impossibile da superare. 
Purtroppo però ancora oggi nella nostra società non sempre questo dolore viene riconosciuto , non ci sono rituali appropriati, non si fanno condoglianze e c’è la tendenza a voler consolare la coppia minimizzando l’accaduto con frasi inopportune della serie “Non preoccupatevi ne farete presto altri!”, che non corrispondono per nulla ai vissuti ed ai bisogni dei genitoriLa morte perinatale può avere sui genitori delle conseguenze sia sul benessere fisico che psicologico e rappresenta una vera e propria esperienza luttuosa.
La reazione alla perdita è strettamente correlata con il tempo di gestazione, con il livello di attaccamento al momento della perdita, con il modo in cui è avvenuta la morte e con le perdite subite in precedenza. 
Il vissuto di maternità e paternità si modifica col trascorrere del tempo, rafforzando di conseguenza la profondità del legame fra i genitori ed il bambino, costruendo ed alimentando sempre più quelle che sono le attese riversate sulla nuova vita. Più aumenta il tempo di gestazione e più i genitori cominciano inevitabilmente a fantasticare sul futuro del loro bambino, creando una serie di aspettative su come sarà. 
Dunque scoprire di aver perso il proprio bambino a poche settimane, giorni o istanti dalla nascita può essere emotivamente devastante. La  mamma che perde un figlio viene pervasa da molte emozioni quali disorientamento, dolore, senso di vuoto, tristezza, collera, infinito senso di solitudine e di fallimento, incapacità di pensare al futuro, di reagire. 
Queste sono delle reazioni normali, di norma perdurano per alcuni mesi e potrebbero riapparire con intermittenza nel corso del tempo.
Ci sono donne che non si prendono il tempo necessario per elaborare adeguatamente la perdita subita tentando subito una nuova gravidanza, nonostante la mancata elaborazione del lutto possa proiettare ansie e vissuti sul nuovo nascituro, che rischia di diventare un sostituto del bimbo perso.

Come superare il trauma del lutto perinatale?
È fondamentale accogliere il dolore che si sta provando e prendersi tutto il tempo necessario per rielaborare il lutto che si è vissuto, senza avere fretta. 
Il dolore è un passaggio obbligato e direi necessario ai fini della guarigione, c’è bisogno di tempo per rimarginare le ferite
Inoltre è fondamentale non chiudersi in se stessi e condividere il dolore con le persone vicine. 
L’ideale sarebbe confrontarsi con chi ha già vissuto la stessa esperienza, in modo da poter esternare liberamente i propri sentimenti e le proprie paure.
E' molto importante che la coppia rimanga unita durante i mesi successivi; comunicazione, comprensione e tolleranza sono ingredienti indispensabili per affrontare questa forte esperienza. 

E’ importante creare degli spazi in cui poter ricordare il piccolo, anche semplicemente conservando alcune fotografie, o tenendo un diario con i ricordi, le immagini dell'ecografia, le emozioni per il piccolo, soprattutto se non si ha avuto la possibilità di poterlo vedere o toccare. Sarebbe deleterio per la coppia chiudersi nel proprio dolore, evitare di parlare dei propri sentimenti, delle sensazioni e stati d’animo che seguono l’evento luttuoso, oppure cercare di nascondere gli oggetti che potrebbero ricordare il piccolo, negando quindi la sua esistenza. 
In genere è necessario far passare un periodo di tempo adeguato (almeno 6-12 mesi) prima di riprovare ad avere una nuova gravidanza in quanto se non si lascia passare un ragionevole periodo di tempo la mamma rischierà di vivere con distacco emotivo la nuova gravidanza nella paura che anche questa possa non andare a buon fine, oppure potrebbe sentire forte il senso di colpa per la paura di dimenticare o rinnegare in questo modo il precedente bambino. 
Un’adeguata elaborazione del lutto consentirà ai genitori di pensare al bimbo perduto non più solo con dolore ma con tenerezza e nostalgia ed affrontare una nuova gravidanza in serenità, senza sensi di colpa e col giusto coinvolgimento emotivo. Nei casi in cui il dolore sia troppo grande ed abbia delle ripercussioni su più aspetti della vita di coppia, può essere di grande aiuto un sostegno  psicologico per favorire un’adeguata elaborazione del lutto ed una sana riapertura alla vita.
                                     Dott.ssa Rita Manzo
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sabato 6 ottobre 2012

DERMATILLOMANIA: Aiuto non riesco a smettere di schiacciarmi i brufoli!


La dermatillomania, nota anche come  “compulsive skin-picking” (CSP) è un disturbo del controllo degli impulsi caratterizzato dal bisogno di stuzzicarsi, toccarsi, strofinarsi, tormentarsi, graffiarsi, o incidersi la pelle del viso o del corpo, spesso nel tentativo di eliminare piccole irregolarità o imperfezioni cutanee reali o immaginarie (ad es. brufoli, punti neri, croste, pelle morta, piaghe, ma anche lentiggini e nei). In alcuni casi il paziente tormenta una zona cutanea perfettamente normale dove intravede un difetto che nessun altro può osservare. L'azione di stuzzicasi la pelle può essere eseguita con dita, unghie, pinzette, denti, aghi, o con qualsiasi altro strumento.
Il viso è solitamente la zona più colpita, anche se tutte le altre parti del corpo possono essere coinvolte, in particolare le zone facilmente raggiungibili dal soggetto, come braccia, mani, cuoio capelluto, gambe, piedi ecc. .
La dermatillomania può esordire a qualsiasi età, dalla pre-adolescenza alla vecchiaia, con una maggiore incidenza nelle donne. 
Può durare mesi o anni e può avere una maggiore o minore intensità.
Alcuni soggetti riferiscono l’esordio durante o subito dopo un evento molto stressante accaduto nella loro vita.
I precursori emotivi della dermatillomania sono l’ansia, la paura, l’eccitazione o la noia. 
Di solito un episodio di dermatillomania è caratterizzato da un aumento della tensione emotiva, talvolta accompagnata da prurito, formicolio, bruciore, e da una incontrollabile urgenza di stuzzicarsi la pelle.
Spesso il comportamento sintomatico viene messo in atto in un stato di trance ed ha un effetto auto-calmante. 
Nei casi più gravi il soggetto può trascorrere diverse ore al giorno davanti allo specchio ad esaminare da vicino il suo volto alla ricerca di imperfezioni, ad effettuare operazioni legate al tentativo di rimuoverle per raggiungere la perfezione. 
Il problema è che dopo aver torturato la pelle per un certo periodo di tempo il soggetto ha un aspetto peggiore rispetto a quello che aveva in precedenza. Nonostante in seguito al comportamento sintomatico il soggetto manifesti un sollievo dalla tensione, questo comportamento è quasi sempre seguito da un senso di colpa, vergogna e rammarico per i danni arrecati alla pelle. 
Questa pratica che il soggetto mette in atto, spesso quotidianamente, diventa patologica quando assume il carattere di una compulsione, cioè quando il soggetto non riesce ad esimersi dal mettere in atto il comportamento sintomatico, quando è ripetuto nel tempo, con una intensità sempre maggiore, e dunque quando inizia a causare alterazioni cutanee evidenti e/o permanenti quali cicatrici, ecchimosi, sanguinamenti e nei casi più gravi importanti danni ai tessuti e vere e proprie deturpazioni. 
In questi casi la dermatillomania ha anche delle conseguenze sociali, relazionali, lavorative. 
Solitamente i soggetti che hanno questo disturbo tentano di camuffare il danno causato alla loro pelle usando il trucco o indossando abiti che coprano i segni, ma se questa operazione non risulta sufficiente essi possono cominciare ad evitare attività come andare in piscina, in palestra, uscire con gli amici, per la vergogna di mostrare i segni causati alla pelle, oppure accumulare ritardi o assenza al lavoro. In questi casi in cui il disturbo ha delle ripercussioni sulla vita quotidiana, è opportuno chiedere un aiuto psicologico per sviluppare un programma personalizzato di cura, andando ad individuare i fattori specifici, interiori o situazionali, scatenanti il comportamento sintomatico, per poi aiutare il paziente ad imparare a riconoscere i segnali, a trovare strategie alternative di fronteggiamento e prevenire i comportamenti distruttivi prima ancora di metterli in atto.
                                                            
                                                     Dott.ssa Rita Manzo