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martedì 15 gennaio 2013

ORTORESSIA: L’OSSESSIONE PER IL CIBO SANO



L’ortoressia è un disturbo molto diffuso, ma non ancora ufficialmente incluso tra i disturbi del comportamento alimentare.
È un’ossessione patologica che riguarda le proprietà e la qualità dei cibi. Mentre nell’anoressia e nella bulimia nervosa è soprattutto la “quantità” di cibo che rappresenta un problema, qui è soprattutto la “qualità” di ciò che si ingerisce ad avere valore.
L’ortoressico elimina ampie categorie di alimenti ritenendoli genericamente “dannosi”, senza che questa convinzione corrisponda né ad un effettivo danno personale (allergie, intolleranze ecc.) né a riscontri scientifici. I cibi vengono catalogati dall’individuo ortoressico, come “puri”, se a suo avviso si possono mangiare, ed “impuri” quando invece vanno accuratamente evitati. Il soggetto si astiene dal nutrirsi con alimenti che non facciano parte della categoria classificata come “pura”.
Questo desiderio di “salute a tutti i costi” riguarda principalmente il cibo, ma si manifesta anche con l’ossessione del fitness, dei massaggi, della pulizia, del rilassamento, ecc.
Le fissazioni dell’ortoressico generalmente sono quelle di mangiare verdure crude e frutta solo di stagione, insalate con foglie non tagliate perché non perdano le loro qualità nutritive, escludere uova, latticini, carne, conoscere in modo preciso le etichette di ciò che mangia, le percentuali delle sostanze nutritive e dei componenti di ogni scatoletta, il valore calorico, i carboidrati…
In tal modo la gamma alimentare  tende a restringersi progressivamente, fino a divenire limitata a pochissimi ingredienti e a modalità di preparazione ripetitive e ritualistiche.
In molti casi queste fissazioni portano la persona ortoressica a trascurare le relazioni sociali, ad isolarsi, giudicando “gli altri” con un senso di superiorità: tutto ciò conduce all’isolamento, a ripiegarsi sui propri pensieri, tutti centrati sul cibo, sulla pulizia non solo esteriore, ma anche interiore.
I sintomi più comuni appartenenti ai soggetti ortoressici sono i seguenti:
- necessità di conoscere ogni singolo ingrediente contenuto negli alimenti
- necessità di programmare ogni pasto
- paura di contaminare il proprio corpo
- disgusto nel riempire il proprio corpo con sostanze non naturali
- desiderio continuo di depurarsi
- severità con se stessi e senso di colpa quando si trasgredisce alla dieta
- disgusto per le persone che mangiano in modo normale
- difficoltà di relazione con chi non condivide le proprie idee sul cibo.
L'ortoressia è sicuramente un disturbo del nostro tempo, che risente di influenze culturali, in particolare della moda alimentare di consumare cibi biologici che si è affermata solo recentemente.
L’ortoressia colpisce soprattutto soggetti adulti, over 30, ed è sempre più diffuso tra gli uomini e tra le persone di buon livello culturale. Il maggior coinvolgimento dei soggetti maschi si può spiegare col fatto che l’ideale maschile condiviso non è la magrezza, ma piuttosto la salute, il benessere fisico e l’apparente giovinezza.
Quella che nasce come desiderio di una dieta sana e bilanciata, con il passare del tempo, si trasforma in una vera e propria ossessione, che influisce fortemente anche sui rapporti affettivi e sociali, che assumono un ruolo subordinato e sacrificato rispetto al cibo (per esempio, alimentazione solitaria, prolungata per ore, rifiuto di cenare in ristorante, ecc.).
I soggetti pongono l’alimentazione al centro della loro esistenza e finiscono per ridurre progressivamente i loro interessi al di fuori di questa area.

L’ortoressico grave si impone regimi dietetici rigidi e restrittivi, e fa di tutto per evitare di mangiare qualcosa che ritiene contaminato o che possa nuocere alla sua salute. Se capita di dover mangiare qualcosa di “impuro” l’ortoressico prova un senso di colpa: vomito, diarrea, mal di testa sono i sintomi che sopraggiungono dopo essere caduti in tentazione. Tale senso di colpa non si placa fino a quando l’inadempienza alle “regole” non viene auto-punita. Le auto-punizioni non sono estreme come quelle a cui si sottopone il soggetto colpito da anoressia o bulimia, ma implicano comunque una ancora più drastica riduzione dello spettro di alimenti che “si possono mangiare”. Tutto ciò porta la persona ad evitare sempre di più situazioni sociali che lo costringono a mangiare cibo per lui contaminante e, dunque, la solitudine e la depressione sono dietro l’angolo.
Naturalmente, oltre alle conseguenze sulla vita di relazione, a lungo andare possono crearsi anche scompensi metabolici di gravità variabile o sindromi da malnutrizione. Analogamente, la negazione di un’alimentazione diversificata favorisce la perdita del piacere del cibo, e addirittura la riduzione dei sensi dell’olfatto e del gusto, con conseguente ulteriore perdita di interesse verso il cibo in quanto tale.
Dietro alla mania del mangiare solo cibo sano ci sono spesso manifestazioni legate all’ipocondria e alla paura ossessiva di contrarre malattie. Spesso gli ortoressici hanno in comorbidità anche un disturbo ossessivo compulsivo di personalità. Le persone sono angosciate da fobie per le  malattie e dalla paura di contaminazione. Spesso sono assillate dal desiderio di avere un corpo forte e resistente agli attacchi infettivi o al trascorrere del tempo. 
Anche se l’ortoressia nasce dal desiderio del soggetto di avere uno stile di vita più “sano”, la linea tra uno stile di vita sano e questo disturbo è davvero molto sottile, perciò, è  molto difficile individuarlo come problema psicologico.
I rischi non sono alti se la cerchia di alimenti “consentiti” è quella di un vegetariano, ma possono aumentare, se il cibo inizia ad insinuarsi in ogni pensiero, discorso ed azione intrapresa.
Nei casi lievi o transitori chi soffre di ortoressia non raggiunge comportamenti dannosi, mentre nei casi gravi arriva a modificare il proprio stile di vita, vivendo in uno stato di costante pericolo e arrivando a isolarsi e a manifestare un vero e proprio disturbo di personalità.
Le conseguenze fisiche dipendono dalla gravità e dalla durata del disturbo, ma possono prodursi notevoli conseguenze relazionali (isolamento sociale, rituali ossessivi) ma soprattutto possono insorgere altri disturbi dell’Alimentazione di grado più severo: infatti, la propensione a trasformarsi in Anoressia Nervosa è molto comune.
La differenza principale con l’anoressia, che a prima vista appare molto simile, è l’assenza di un pensiero continuo al peso, alle forme corporee ed all’apporto calorico. L’interesse è rivolto solo alla qualità vera o presunta dei cibi da introitare, che il soggetto, almeno per quanto riguarda le porzioni, mangia sempre in quantità normali. 
Le conseguenze a lungo termine di questa patologia dipendono principalmente dal regime calorico-dietetico, che l’individuo s’impone.
La terapia dell'ortoressia prevede un approccio globale che comprende psicoterapia più seguimento dietologico.
                                         Dott.ssa Rita Manzo

Ne troverai due specifici per l'Ortoressia nella sezione Scale di Autovalutazione per i Disturbi dell'Alimentazione.

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domenica 13 gennaio 2013

LA TIMIDEZZA


COS’È LA TIMIDEZZA
La timidezza è un elemento che da sempre rappresenta e accompagna gli esseri umani. E’ il senso di disagio e di impaccio che si prova nel rapporto con gli altri, la mancanza di disinvoltura, l'incapacità di parlare in pubblico. Essa dunque comporta sia un disagio interiore che una goffaggine esteriore quando si è in presenza di persone o ci si trova in situazioni che creano disagio.
Il timido si inibisce in un gran numero di situazioni sociali che evita ogniqualvolta sia possibile. Di solito, però, dopo un periodo iniziale di inibizione all'azione, il timido perviene ad un adattamento col moltiplicarsi degli incontri. In sostanza in un ambiente familiare i timidi si comportano normalmente.
Il disagio della persona timida rimane contenuto e non ha niente a che vedere con il panico che si sperimenta nei casi di fobia sociale.

COME SI MANIFESTA LA TIMIDEZZA
La persona timida ha difficoltà a sostenere sguardi, silenzi, e situazioni imbarazzanti, come chiacchierare con un estraneo, parlare di sé o passare davanti a persone che lo possono osservare. Fonte di timidezza sono gli sconosciuti, le persone dell'altro sesso, parlare in pubblico, trovarsi in un gruppo numeroso, avere uno status inferiore a quello dei propri interlocutori, sentirsi inferiore a vario titolo.
Il timido ha la continua sensazione di sentirsi al centro dell’attenzione, di essere sottoposto all’osservazione e al giudizio degli altri, giudizio che teme essere negativo. Questo può alimentare bassa autostima e scarsa fiducia in se stesso, che aumentano a loro volta il timore di non essere accettato. Le aspettative negative del timido lo inducono a focalizzare l’attenzione su sé stesso per tenere sotto controllo ciò che potrebbe essere criticato dagli altri; il suo atteggiamento, dall’esterno, appare remissivo o inibito. Spesso tende a sopravvalutare le difficoltà e a sottovalutare le proprie capacità.
La persona timida nelle situazioni in cui è a disagio tende a diventare con facilità rossa in viso, comincia a sudare, ha il battito cardiaco accelerato, vive in uno stato d’ansia. Evita di contraddire gli altri e di schierarsi per non perdere il consenso esterno. La sua paura del conflitto riflette il timore di essere poco stimato. Infatti il problema che sta alla base della timidezza è una scarsa autostima. Questo aspetto infatti non emerge nelle situazioni in cui le persone timide si sentono sicure; in tali situazioni, infatti, sembrano dimenticarsi completamente del loro disagio e spesso esprimono delle doti e qualità di cui spesso loro stessi si stupiscono.
La timidezza può variare di intensità e anche diminuire o svanire del tutto. Può variare a seconda del soggetto da un leggero disagio a una paura irrazionale, a un vero e proprio disturbo d’ansia (fobia sociale).
La persona timida che si trova a vivere una situazione di disagio, a livello fisiologico manifesta i seguenti sintomi:
- accelerazione del battito cardiaco
- sensazione di una morsa allo stomaco
- sudorazione eccessiva
- rossore.
A livello psicologico, la timidezza dipende innanzitutto da una eccessiva focalizzazione su sé stessi e sui propri errori, da una bassa stima di sé e da una eccessiva negatività.
La vergogna è uno dei vissuti che la persona timida vive: vergogna di mostrare le emozioni, vergogna di uscire allo scoperto, vergogna di apparire e vergogna, quindi, di mostrarsi per intero. La persona timida vive costantemente la vita in una scissione perenne tra le sue parti: quelle buone e socialmente accettate possono venir fuori a piccole dosi e con enorme controllo, quelle “scabrose” devono essere celate e da queste, il primo a doversi difendere, è proprio il timido.

QUANDO COMPARE LA TIMIDEZZA
In linea generale la comparsa della timidezza sembra essere abbastanza precoce e si verificherebbe sin dalla prima infanzia e nell'adolescenza, al contrario della fobia sociale che avrebbe inizio solo in seguito.
La timidezza durante l’infanzia può essere favorita da genitori timidi e introversi che contribuiscono a creare un senso di insicurezza e inadeguatezza all’interno della propria famiglia riproponendo il modello appreso; oppure da genitori troppo protettivi e ansiosi che non forniscono ai figli la sicurezza di cui hanno bisogno per affrontare le situazioni sociali; ma anche da genitori rigidi e severi, che non consentono ai figli una libera espressione delle emozioni. I figli che nei confronti di tali genitori si sentono insicuri e timidi, ripropongono nelle relazioni sociali questa stessa modalità di relazione.
La timidezza può comparire anche in adolescenza, periodo di grandi trasformazioni, in cui si perdono le sicurezze apprese in precedenza, cambiano i punti di riferimento, non più i genitori ma il gruppo dei pari. 
I coetanei diventano gli interlocutori più importanti, tanto che il rapporto con loro può influenzare le sfera scolastica, sportiva e affettiva, ed essere timidi può essere vissuto come un problema.

COSA FARE QUANDO LA TIMIDEZZA DIVENTA UN PROBLEMA

La timidezza non è né una malattia né un disturbo perché non è caratterizzata da cronicità e non interferisce pesantemente con la vita lavorativa, scolastica, sociale. Tuttavia, pur non essendo una malattia, la timidezza può creare un disagio notevole se chi ne soffre manifesta una crescente difficoltà nello stare in mezzo agli altri, sino ai giungere a casi estremi di isolamento sociale. Tale difficoltà nei casi più gravi può portare a delle complicazioni psicologiche, quali ad es. la depressione e il ricorso a droghe o alcol. In altri casi meno estremi, la timidezza può condurre alla solitudine.
È importante non confondere la timidezza con la fobia sociale. Quest’ultima è un disturbo più grave che porta la persona all’evitamento delle situazioni, all’isolamento, a non fidarsi delle persone, a limitarsi pesantemente nelle opportunità relazionali, sociali, lavorative. E la situazione può aggravarsi portando a depressione, senso di inadeguatezza, rabbia verso se stessi.
Se la timidezza dovesse diventare un problema, tale da essere vissuta con dolore e da portare ad un graduale isolamento sociale, essa può essere affrontata, in tutta tranquillità, attraverso un percorso psicologico volto alla promozione del proprio benessere.
Il sostegno psicologico e la psicoterapia possono offrire soluzioni soddisfacenti per combattere la timidezza attraverso:
- l’incremento  del senso di  autoefficacia nell’affrontare le varie sfide della propria vita;
- l'aumento della fiducia nelle proprie capacità
- il miglioramento delle relazioni fondamentali che la persona vive con gli altri e con il mondo.
- in miglioramento dell’autostima, della relazione che il soggetto vive con sé stesso
- il miglioramento nella gestione delle emozioni.
                                                           Dott.ssa Rita Manzo

PER FARE IL TEST SULLA TIMIDEZZA CLICCA QUI 
lo troverai nelle Scale di Autovalutazione dell'Ansia

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mercoledì 2 gennaio 2013

LE FOBIE


DEFINIZIONE DI FOBIA: UNA PAURA SPROPORZIONATA
La fobia è una paura estrema, irrazionale e sproporzionata per qualcosa che non rappresenta una reale minaccia e con cui gli altri si confrontano senza particolari tormenti psicologici. Chi ne soffre, infatti, è sopraffatto dal terrore all'idea di venire a contatto con un determinato oggetto (ad es. un animale, come un topo, un ragno, uno scarafaggio o una lucertola), o di fronte alla prospettiva di compiere un'azione che lascia indifferenti la maggior parte delle persone (ad es. prendere l'ascensore o la metropolitana). Il soggetto riconosce che la paura è eccessiva, e fa notevoli sforzi pur di evitare ciò che la provoca. 
La situazione fobica viene evitata oppure sopportata con intensa ansia o disagio. L’evitamento, l’ansia anticipatoria o il disagio nella situazione temuta interferiscono in modo significativo con la normale routine della persona, con il funzionamento lavorativo (o scolastico) o con le attività o le relazioni sociali, oppure è presente disagio marcato per il fatto stesso di avere la fobia. I sintomi sono talmente intensi da causare disagio o interferire con le normali attività sociali e lavorative della persona.
L’esposizione allo stimolo fobico provoca una risposta ansiosa immediata. Nei bambini l’ansia può essere espressa piangendo, con scoppi di ira, con irrigidimento, o con l’aggrapparsi a qualcuno. I bambini di solito non riconoscono che le paure sono eccessive e raramente riferiscono disagio per il fatto di avere qualche fobia.
Poiché si manifesta un’ansia anticipatoria se la persona si confronta con la necessità di entrare in contatto con la situazione fobica, tali situazioni vengono di solito evitate.
L'ansia da fobia, o "fobica", si esprime con sintomi fisiologici come tachicardia, disturbi gastrici e urinari, nausea, diarrea, senso di soffocamento, rossore, sudorazione eccessiva, tremito e spossatezza. Si sta male e si desidera solo fuggire. Scappare, d'altra parte, è una strategia di emergenza. La tendenza ad evitare tutte le situazioni o condizioni che possono essere associate alla paura, sebbene riduca sul momento gli effetti della paura, in realtà costituisce una micidiale trappola: ogni evitamento, infatti, conferma la pericolosità della situazione evitata e prepara l'evitamento successivo (ogni evitamento rinforza negativamente la paura). Tale spirale di progressivi evitamenti produce l'incremento, non solo della sfiducia nelle proprie risorse, ma anche della reazione fobica della persona, al punto da interferire significativamente con la normale routine dell'individuo, con il funzionamento lavorativo o scolastico oppure con le attività o le relazioni sociali. Il disagio diviene così sempre più limitante.
La fobia può provocare uno stile di vita limitato o un’interferenza con certe occupazioni a seconda del tipo di fobia.

DECORSO
Le fobie specifiche tendono ad iniziare principalmente nella fanciullezza, sebbene molti casi si manifestano verso l’età adulta. I fattori che favoriscono l’esordio delle fobie specifiche includono eventi traumatici, attacchi di panico inaspettati nella situazione temuta, il vedere altri sottoposti ad un trauma o mostrare paura e la trasmissione di informazioni.

TIPI DI FOBIE 
Quando si parla di fobie ci si riferisce in genere alla fobia dei cani, dei gatti, dei ragni, degli spazi chiusi, degli insetti, di volare, del sangue, delle iniezioni, ecc.
Più precisamente, esistono le fobie generalizzate (agorafobia e fobia sociale), fortemente invalidanti, e le comuni fobie specifiche, generalmente ben gestite dai soggetti evitando gli stimoli temuti, che si classificano così:
Tipo animali. Fobia dei ragni (aracnofobia), fobia degli uccelli o fobia dei piccioni (ornitofobia), fobia degli insetti, fobia dei cani (cinofobia), fobia dei gatti (ailurofobia), fobia dei topi, ecc..
Tipo ambiente naturale. Fobia dei temporali (brontofobia), fobia delle altezze (acrofobia), fobia del buio (scotofobia), fobia dell'acqua (idrofobia), ecc..
Tipo sangue-iniezioni-ferite. Fobia del sangue (emofobia), fobia degli aghi, fobia delle siringhe, ecc.. In generale, se la paura viene provocata dalla vista di sangue o di una ferita o dal ricevere un'iniezione o altre procedure mediche invasive.
Tipo situazionale. Nei casi in cui la paura è provocata da una situazione specifica, come trasporti pubblici, tunnel, ponti, ascensori, volare (aviofobia), guidare, oppure luoghi chiusi (claustrofobia o agorafobia).
Altro tipo. Nel caso in cui la paura è scatenata da altri stimoli come: il timore o l'evitamento di situazioni che potrebbero portare a soffocare o contrarre una malattia (vedi anche disturbo ossessivo-compulsivo e ipocondria), ecc. Una forma particolare di fobia riguarda il proprio corpo o una parte di esso, che la persona vede come orrende, inguardabili, ripugnanti (dismorfofobia).

Ecco un elenco delle fobie più comuni:
- Acrofobia - Paura delle altezze
- Agorafobia - Paura degli spazi aperti e affollati
- Aracnofobia - Paura dei ragni
- Aviofobia - Paura di volare
- Brontofobia - Paura dei temporali
- Cinofobia - Paura dei cani
- Ofidiofobia - Paura dei serpenti
- Misofobia - Paura dei germi
- Emofobia - Paura della vista del sangue, di aghi e siringhe
- Acatartofobia - Paura dello sporco e della polvere
- Claustrofobia - Paura degli spazi chiusi (esempio: ascensori)
- Scotofobia o Nictofobia- Paura del buio.

CAUSA DELLE FOBIE

Non esiste una sola causa per spiegare le fobie, poiché non vi è una relazione diretta tra il passato di un paziente e lo sviluppo di una determinato disturbo.
Le ricerche a riguardo indicano che esistono dei fattori genetici e ambienti che favoriscono l’insorgere di una fobia. Allo stesso modo, le situazioni in cui si scatenano in modo più intenso sono quei momenti in cui la persona, per motivi diversi, è sottoposta a stress.
Una della possibili cause per cui una fobia specifica insorge è che la persona abbia avuto nella sua infanzia un’esperienza traumatica, a cui dopo associa l’elemento che è causa della paura.
In molti casi, le persone non ricordano le cause che hanno portato a sviluppare la loro fobia, specialmente quando si tratta di fobie specifiche. Altre volte, invece, possono ricordare uno o diversi avvenimenti che hanno portato alla fobia, specie quando si tratta di fobie sociali.

TRATTAMENTO DELLE FOBIE

Quando la fobia è tale da causare uno stato di sofferenza e disagio  in grado di compromettere la qualità di vita della persona,  rivolgersi ad uno specialista, come lo psicologo psicoterapeuta, per una valutazione accurata del disagio è il primo necessario passo da compiere per giungere ad un trattamento psicoterapeutico adeguato allo specifico caso e finalizzato al superamento del disagio,  poiché la fobia può e deve essere curata. Se trascurata, infatti,la fobia rischia di cronicizzarsi o di peggiorare. Le fobie specifiche di solito si trattano tramite la psicoterapia, che permette al cliente sia di comprendere le cause della sua fobia, e di acquisire tecniche per gestire lo stato emotivo di fronte allo stimolo scatenante.


                                               Dott.ssa Rita Manzo

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